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martedì 28 febbraio 2012

AFRICA/NIGERIA - “Siamo stati troppo ottimisti: dopo mesi di calma le bombe tornano a colpirci” dice a Fides l’Arcivescovo di Jos

Abuja (Agenzia Fides) -“Purtroppo siamo stati troppo ottimisti. Dopo un periodo di pace e di calma, le bombe sono tornate ad esplodere anche a Jos” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos, capitale dello Stato di Plateau, nella Nigeria centrale, dove ieri, domenica 26 febbraio, un attentato suicida ha preso di mira la sede della “Church of Christ” in Nigeria. L’attentato è stato rivendicato dalla setta islamica Boko Haram che da mesi semina il terrore in diverse aree della Nigeria a suon di bombe e di attentati contro le forze dell’ordine e le comunità cristiane.
“Mi trovo da 4 giorni nella capitale federale, Abuja, per partecipare ad un meeting della Conferenza Episcopale Nigeriana, ma appena ho avuto notizia dell’attentato mi sono subito messo in contatto con il Presidente della ‘Church of Christ’ in Nigeria per esprimergli le nostre condoglianze e per avere maggiori dettagli sull’attentato e sulle sue conseguenze. Mi ha detto che vi sono sicuramente 3 morti tra i suoi fedeli, ma che il numero delle vittime potrebbe essere maggiore” afferma Mons. Kaigama.
Dopo l’attentato, gruppi di giovani cristiani hanno dato l’assalto alle proprietà dei musulmani. Nelle violenze vi sarebbero stati dei morti. “Non sono sul posto per verificare quello che è veramente accaduto – spiega l’Arcivescovo - ma senza dubbio i giovani sono arrabbiati e sono tentati di reagire alla violenza con altra violenza, voglio però sottolineare che il loro comportamento è contrario a quanto noi, come Chiesa, abbiamo sempre insegnato e predicato: non provocate nessuno e non cedete alla provocazione, compiendo rappresaglie. Occorre invece permettere alla legge di fare il suo corso per bloccare e punire chi commette questi crimini” dice l’Arcivescovo di Jos.
Mons. Kaigama conclude affermando che i “Vescovi della Nigeria sono preoccupati per il clima di paura, di tensione e di rabbia che sta attraversando la società a causa soprattutto degli attacchi di Boko Haram”. È probabile che, al termine della loro riunione, i Vescovi pubblichino una dichiarazione al riguardo. (L.M.) (Agenzia Fides 27/2/2012)

venerdì 24 febbraio 2012

PANE E ACQUA – UGALI NA MAJI PANE E ACQUA – UGALI NA MAJI

In Africa orientale, dieci milioni di persone sono state colpite dalla peggiore siccità degli ultimi 60 anni. Due successive stagioni delle piogge particolarmente scarse hanno determinato una situazione drammatica, con conseguenze che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel medio periodo
Proseguiamo con i progetti proposti all’inizio dell’Anno Pastorale per aiutare le popolazioni colpite della peggiore siccità degli ultimi 60 anni. In particolare il nostro aiuto raggiungerà la Diocesi di Maralal nel nord del Kenya

PROGETTO ACQUA

Realizzazione di un POZZO per l’acqua in località LODUNGOKWE.
Responsabile del Progetto: Padre JAIRO  ALBERTO - Missionario della Consolata
Parroco di Lodungokwe

Il pozzo che come comunità pastorale aiuteremo a finanziare:
- fornirà acqua a 25.000 persone e circa 50.000 capi di bestiame (la gente vive di allevamento)
- verranno posati 10 km di tubi (da un pozzo principale partiranno due diramazioni)
- ci sarà lo stoccaggio di 200.000 litri di acqua
Il costo stimato dell'opera è di € 52.000,00.
E’ stato istituito un  comitato dell’acqua dei villaggi che sarà direttamente responsabile della gestione e del funzionamento quotidiano del pozzo.
Questo è il modo per assicurare che il sistema motorizzato installato sia pienamente auto-sostenibile.
Costruire un pozzo a Lodungokwe significherebbe garantire alla popolazione l’accesso all’acqua durante tutto l’anno. Si faciliterebbe così la sedenterizzazione della popolazione e lo sviluppo di un’economia locale, che potrebbe far diminuire il flusso migratorio degli uomini alla ricerca di un lavoro verso le città.

“L’acqua è vita”
• Oltre 1 miliardo di persone al mondo non ha accesso a fonti di acqua potabile.
• Quasi 3 milioni e 500 mila individui muoiono, ogni anno, a causa di malattie trasmesse da acqua contaminata: tra loro, 5000 bambini al giorno.
• L’Onu definisce la carenza di risorse idriche il problema ambientale più serio del nostro Pianeta.
• Si può sopravvivere un mese senza mangiare. Senza bere, non si vive più di una settimana.
• Il fabbisogno idrico minimo pro-capite è di 5 litri nell’arco delle 24 ore, ma per avere condizioni di vita accettabili, secondo le stime dell’O.M.S., ne occorrerebbero almeno 50.

martedì 14 febbraio 2012

Sui Monti Nuba si muore di fame e bombardamenti

Khartoum – “Sui Monti Nuba la gente sta morendo di fame e per i bombardamenti” denuncia all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Macram Max Gassis, Vescovo di El Obeid,la diocesi che si trova a cavallo tra Sudan e Sud Sudan. Nel suo territorio sono compresi pure i Monti Nuba, appartenenti al Sud Kordofan, Stato del Sudan al centro di scontri tra l’esercito di Khartoum e gli uomini dell’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese, settore Nord (SPLA/N). Questo movimento è legato all’SPLA, che si è battuto per l’indipendenza del Sud Sudan, ed è ora al potere nel neo Stato (indipendente dal luglio 2011).
Mons. Gassis ricorda che “la popolazione locale si sente parte del Sud Sudan, tanto è vero che usano la moneta sud-sudanese e non quella di Khartoum. I soldati dell’SPLA dei Monti Nuba si sono battuti per l’indipendenza del Sud Sudan: lo Stato di West Equatoria (ora parte del Sud Sudan) è stato liberato da loro. Il sud è quindi in debito con i combattenti dei Monti Nuba”.
Sul piano ecclesiale, Mons. Gassis sottolinea che “nessun sacerdote, religioso e religiosa, oltre al personale medico, ha lasciato il proprio posto. Sono lì a dimostrare che, come afferma Gesù, ‘non c’è amore più grande che dare la propria vita per gli amici’. Non è una cosa facile rimanere lì, sotto i continui bombardamenti e vedere i corpi maciullati dei civili, specie dei bambini” sottolinea il Vescovo.
Tra Sud Sudan e Sudan la tensione sta crescendo, al punto che si teme un conflitto aperto tra i due Stati (vedi Fides 9/2/2011). “Ma il neonato Sud Sudan non vuole la guerra” afferma Mons. Gassis. “Il problema è il Presidente Omar Bashir, che si trova in un angolo e spera di uscirne con una nuova guerra. Dopo aver perso il sud, il Presidente sudanese cerca di mantenere il controllo sulle aree del Sudan che mirano a liberarsi dal potere centrale” spiega il Vescovo. “Le forze di Khartoum – continua Mons. Gassis – sono entrate nel Nilo Azzurro ma sono circondate dai ribelli. Poi ci sono le situazioni critiche dei Monti Nuba, di Abyei e del Darfur, che si aggravano di giorno in giorno. Adesso che il sud ha chiuso il rubinetto del petrolio, il carovita inizia a farsi sentire nel nord Sudan. Gli ufficiali dell’esercito hanno inviato un memorandum al Presidente Bashir, al Ministro della Difesa ed al Capo di Stato Maggiore, nel quale si lamentano le condizioni dei militari”.
“Ci sono quindi una serie di segnali che preoccupano il Presidente, il quale cerca quindi di risolvere i problemi con nuove guerre” afferma il Vescovo di El Obeid. “L’occupazione di Abyei gli è riuscita perché si tratta di un’area pianeggiante. Ma l’occupazione dei Monti Nuba è un’altra cosa. Ci sono montagne con caverne, dove i guerriglieri locali possono nascondersi per attaccare all’improvviso i militari di Khartoum. I guerriglieri dei Monti Nuba sono inoltre disciplinati e ben armati. Questo purtroppo non impedisce che la popolazione civile soffra. Anche la Chiesa ha avuto le sue vittime, come il rappresentante della Caritas diocesana ucciso a Kadugli (capitale del sud Kordofan) 5 mesi fa, un laico che è stato fucilato dalle truppe sudanesi” conclude Mons. Gassis. (L.M.) (Agenzia Fides 10/2/2012)

"Due Egitto" a confronto nel primo anniversario della rivoluzione

Il Cairo – “Quello che avviene in questi giorni in piazza Tahrir riflette la situazione del Paese” dice all’Agenzia Fides p. Luciano Verdoscia, missionario comboniano che opera al Cairo, dove il 27 gennaio si sono verificati scontri tra dimostranti laici e sostenitori dei Fratelli Musulmani nel corso delle dimostrazioni per il primo anniversario della rivoluzione che ha portato alla cacciata del Presidente Hosni Mubarak.
“Da una parte – spiega il missionario – abbiamo una situazione in via di stabilizzazione, con la votazione per la Camera Bassa che ha visto l’affermazione dei partiti confessionali (Fratelli Musulmani e salafiti), dall’altra esiste una classe intellettuale e di altre forze laiche, che hanno promosso la rivoluzione, che hanno approfittato dell’anniversario per ribadire i loro principi: laicità dello Stato, rispetto dei diritti umani e fine dell’interferenza dei militari nella vita politica”.
“Questa dicotomia si nota anche nei sondaggi pubblicati dai giornali, che dimostrano come il 30% degli intervistati voglia che le dimostrazioni continuino anche la prossima settimana, mentre il 70% si dice contrario” continua p. Luciano. “In questo 30% che vuole uno Stato laico, democrazia vera e diritti umani, non vi sono solo cristiani ma anche diversi musulmani, che non vogliono un controllo religioso della società” aggiunge il missionario.
“D’altro canto il termine democrazia è ormai entrato nel dibattito politico e sociale. Il problema è capire cosa significhi. Da una parte c’è chi dice che la legge islamica, la sharia, garantisca la democrazia e i diritti umani perché viene direttamente da Dio, altri dicono che la sharia è sì una rivelazione divina che è stata però interpretata da diverse scuole giuridiche ed è quindi un’elaborazione umana, e può dunque essere soggetta ad ulteriori interpretazioni ed elaborazioni” dice p. Luciano. “Un’altra richiesta che viene dalle dimostrazioni di questi giorni è quella di mettere fine al potere del Consiglio Militare. Alcuni chiedono che venga nominato un Capo Provvisorio dello Stato che assuma i poteri ancora detenuti dai militari, fino all’elezione del nuovo Presidente”.
“Insomma, ad un anno dalla rivoluzione la situazione dell’Egitto è ancora in movimento. I Fratelli musulmani che si apprestano a governare il Paese stanno dando segnali di apertura verso l’estero, anche per rilanciare l’economia, ma il processo di stabilizzazione sarà ancora lungo” conclude p. Luciano. (L.M.) (Agenzia Fides 28/1/2012)

In Nigeria si continua ad uccidere

Kano (Nigeria), 24 gen. – Nuove esplosioni e colpi di arma da fuoco hanno scosso questa mattina Kano, la città nel nord della Nigeria dove la scorsa settimana una serie di attacchi coordinati ha causato almeno 185 morti.Oggi sono state udite circa 15 esplosioni e sparatorie vicino a un commissariato mobile. Al momento non si conoscono maggiori dettagli.
“Sono stato svegliato da esplosioni e colpi di arma da fuoco provenienti dalla stazione di polizia – ha raccontato un abitante, aggiungendo che erano cessati da diversi minuti – è spaventoso. E’ troppo pericolo uscire, a parte il fatto che c’è il coprifuoco”.
Il coprifuoco notturno è stato imposto dopo gli attacchi di venerdì scorso, rivendicato dal movimento islamico Boko Haram. Ieri, la polizia ha sventato un nuovo attacco a Kano, trovando 10 autobomba e centinaia di altri congegni esplosivi. (TMNews)