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lunedì 17 settembre 2012

Ebola fuori controllo nell'ex Zaire

L'epidemia di Ebola in corso nella Repubblica Democratica del Congo è fuori controllo, suscitando panico tra la popolazione civile. Da rilevare che nel corso degli ultimi due mesi, sono state segnalate due epidemie in Africa: la prima, a luglio, nel distretto di Kibaale (Uganda occidentale), la seconda ad agosto, nel distretto di Haute Uelé (settore nordorientale della Repubblica Democratica del Congo). Il focolaio ugandese sembra essere domato, in quanto l’ultimo caso confermato è stato segnalato il 4 agosto. Nel frattempo però è esplosa un’altra epidemia nel vicino ex Zaire che viene seguita con preoccupazione dalle autorità locali. Al momento, il micidiale virus ha colpito le città di Isiro e Viadana, ma, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), potrebbe estendersi ad altri centri urbani, contaminando città e villaggi. Per ora, ufficialmente sono stati registrati 31 decessi in Congo, ma il numero a questo punto pare destinato a salire. Se, da una parte, è stato dimostrato che non esiste alcun collegamento tra il ceppo ugandese e quello congolese – trattandosi di due distinti sottotipi del virus – dall’altra, i misteri che avvolgono questa terribile malattia sono molti. Anzitutto perché, nonostante le ricerche effettuate in questi anni, non è ancora chiaro quale sia il vettore di trasmissione. Si sa per certo che la grave febbre emorragica, spesso fatale per l’uomo, ma anche per i primati, non è mortale per i pipistrelli e ciò fa ritenere che questi mammiferi abbiano un ruolo chiave nel mantenimento dell’infezione. A differenza però del virus Hiv, i tempi d’incubazione possono andare dai 2 ai 21 giorni (in media una settimana). Ciò rafforza l’idea che Ebola si trasmetta per contatto diretto localizzato, rendendo meno probabile la trasmissione attraverso le frontiere. Dal punto di vista della ricerca, sono stati messi a punto alcuni vaccini sperimentali su cavie animali. Ma è evidente che siano necessari ulteriori studi per definire tossicità e dosaggio dei nuovi preparati, anche se gli studiosi sono fiduciosi che le nuove tecniche un giorno possano essere applicata anche all’uomo. Queste valutazioni, comunque, non devono indurre a sottovalutare il fenomeno epidemiologico. Anzitutto, è difficile monitorare efficacemente territori dove la mancanza di presidi sanitari efficienti e di infrastrutture di trasporto, unitamente alla diffusa insicurezza per ragioni belliche, rendono spesso gli interventi tardivi. Basti pensare che il 3 agosto scorso, a distanza di circa un mese dal primo decesso nel distretto ugandese di Kibaale, a detta di autorevoli fonti sanitarie locali, non risultavano esserci inceneritori funzionanti, l’elettricità non veniva erogata regolarmente, le pompe dell’acqua non funzionavano, il sistema fognario era in condizioni penose e il cibo scarseggiava. Inoltre, la creazione di un cordone di sicurezza in zone rurali, poco importa se nella savana o nelle foreste pluviali, è resa ardua dalla morfologia di località isolate dove la mobilità umana è difficilmente tracciabile. Questo, in sostanza, significa che sapere il numero reale dei decessi è praticamente impossibile. Oltre a ciò, riuscire a spiegare a popolazioni con alto tasso di analfabetismo che i morti non vanno lavati prima del seppellimento, esige uno sforzo comunicativo, spesso disatteso. Il vero problema è che i governi locali, per quanto possano fare riferimento, quando scatta l’emergenza, su organizzazioni straniere qualificate come la statunitense Center of Disease Control (Cdc) o i coraggiosi Medici Senza Frontiere (Msf), sottovalutano il diritto alla salute. In effetti, il presidente ugandese Yoweri Museveni, come anche il suo omologo congolese Joseph Kabila, pur disponendo d’ingenti risorse finanziarie, peraltro amministrate secondo logiche nepotistiche, temono che l’incentivazione dei servizi sociali aumenti quella domanda di democrazia che potrebbe mettere a repentaglio le loro leadership. Ebola, paradossalmente, serve anche a questo.
(da Avvenire © 14 settembre 2012)

lunedì 11 giugno 2012

AFRICA/NIGERIA - “Abbiamo a che fare con un gruppo di criminali, non siamo alla pulizia etnica e religiosa” dice Mons. Kaigama, che richiama alla prudenza

Abuja (Agenzia Fides) - “Abbiamo a che fare con un gruppo di criminali che pensano che la Chiesa sia un nemico, perché ai loro occhi incarna la cultura occidentale. Non penso però che questa sia la visione della maggioranza dei musulmani della Nigeria. Chi assalta i luoghi di culto cristiani è una banda di criminali che ha perso ogni forma di orientamento. Non si sa più nemmeno che cosa vogliano ottenere con questa violenza” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos e Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, commentando gli attacchi contro luoghi di culto cristiano a Jos (dove un terrorista suicida si è fatto saltare in aria nella Christ Chosen Church) e a Biu (dove un commando ha aperto il fuoco contro i fedeli che partecipavano ad una funzione), avvenuti ieri, domenica 10 giugno. Mons. Kaigama precisa di trovarsi a Calabar, da dove sta tornando a Jos, e di non avere informazioni dirette sugli ultimi avvenimenti, anche se si tiene in costante contatto con i suoi collaboratori diocesani. Secondo notizie di stampa, nei due attacchi sono morte almeno 4 persone.
I due attacchi sono stati rivendicati dalla setta islamica Boko Haram. Secondo il Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria il fatto che “questo gruppo di criminali si richiami all’islam non significa che tutti gli islamici nigeriani condividano le loro azioni. Non sono d’accordo con coloro che parlano di pulizia etnica o religiosa. Esistono pure dei gruppi cristiani che tendono ad esagerare la situazione con l’aiuto dei media che presentano un’immagine distorta di quello che sta succedendo. Alcuni cristiani si lamentano di non riuscire a pratica il culto. Per quanto riguarda la mia arcidiocesi, posso assicurare che a Jos esiste una forte comunità cattolica che non subisce impedimenti nel celebrare liberamente gli incontri di preghiera e svolgere i propri doveri religiosi. 
Occorre quindi prudenza nel riportare i fatti, perché si rischia di seminare ulteriore panico e confusione” avverte Mons. Kaigama. (L.M.) (Agenzia Fides 11/6/2012)

giovedì 7 giugno 2012

AFRICA/NIGERIA - I Vescovi sconvolti per la "domenica nera" della Nigeria

Abuja (Agenzia Fides) - "Siamo sconvolti e scioccati dalle due tragedie che hanno colpito la Nigeria ieri, il disastro aereo di Lagos che ha provocato la morte di 153 persone, e l'attacco contro una chiesa cristiana a Bauci" dice all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos a Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, che ha appena concluso un incontro con i Vescovi radunati ad Abuja. "Mi trovo nella capitale federale, Abuja, per il pellegrinaggio nazionale di preghiera (National Catholic Prayer Pilgrimage). Abbiamo invitato i cattolici della Nigeria, dai Vescovi ai singoli fedeli, a radunarsi ad Abuja per pregare per il nostro Paese. In particolare chiediamo l'aiuto del Signore per contrastare gli incessanti attacchi terroristici con bombe, omicidi, rapine a mano armata, commessi contro la nazione intera".
"Il momento di preghiera che si è tenuto il 2 giugno ha avuto una partecipazione straordinaria, i fedeli hanno pregato con forte intensità" dice Mons. Kaigama. "Dopo la preghiera, i Vescovi si sono incontrati con il Presidente Goodluck Jonathan, per discutere i problemi della sicurezza del Paese e degli attacchi contro le chiese cristiane, specialmente nel nord. L'incontro è stato molto fruttuoso" conclude Mons. Kaigama.
Ieri, domenica 3 giugno, un aereo di linea che collega Abuja alla capitale economica Lagos, si è schiantato su un quartiere popolare di questa ultima città. Nella sua caduta, l'aereo, con a bordo 147 passeggeri e sei membri dell'equipaggio, ha colpito un edificio di due piani ed è slittato lungo un terreno sul quale si trovavano una chiesa e una piccola tipografia. Sempre ieri, a Bauchi, nel nord della Nigeria, un'autobomba è esplosa nei pressi di una chiesa pentecostale causando la morte di 15 persone. (L.M.) (Agenzia Fides 4/6/2012)

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venerdì 18 maggio 2012

FERMARE IL MASSACRO! Firma l'appello per i popoli dei Monti Nuba


Amani rilancia l’appello di Nigrizia per il popolo Nuba
Il Kordofan Meridionale (Sudan) è stato teatro di ripetute tragedie. I nuba hanno subito aggressioni ambientali, economiche, culturali. Oggi Khartoum sta di nuovo bombardando quelle terre. Nel silenzio del mondo. Serve la reazione di tutti per evitare un genocidio.
Ecco l’appello, a cui si può aderire inviando un’email a forum@nigrizia.it