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lunedì 17 settembre 2012

Ebola fuori controllo nell'ex Zaire

L'epidemia di Ebola in corso nella Repubblica Democratica del Congo è fuori controllo, suscitando panico tra la popolazione civile. Da rilevare che nel corso degli ultimi due mesi, sono state segnalate due epidemie in Africa: la prima, a luglio, nel distretto di Kibaale (Uganda occidentale), la seconda ad agosto, nel distretto di Haute Uelé (settore nordorientale della Repubblica Democratica del Congo). Il focolaio ugandese sembra essere domato, in quanto l’ultimo caso confermato è stato segnalato il 4 agosto. Nel frattempo però è esplosa un’altra epidemia nel vicino ex Zaire che viene seguita con preoccupazione dalle autorità locali. Al momento, il micidiale virus ha colpito le città di Isiro e Viadana, ma, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), potrebbe estendersi ad altri centri urbani, contaminando città e villaggi. Per ora, ufficialmente sono stati registrati 31 decessi in Congo, ma il numero a questo punto pare destinato a salire. Se, da una parte, è stato dimostrato che non esiste alcun collegamento tra il ceppo ugandese e quello congolese – trattandosi di due distinti sottotipi del virus – dall’altra, i misteri che avvolgono questa terribile malattia sono molti. Anzitutto perché, nonostante le ricerche effettuate in questi anni, non è ancora chiaro quale sia il vettore di trasmissione. Si sa per certo che la grave febbre emorragica, spesso fatale per l’uomo, ma anche per i primati, non è mortale per i pipistrelli e ciò fa ritenere che questi mammiferi abbiano un ruolo chiave nel mantenimento dell’infezione. A differenza però del virus Hiv, i tempi d’incubazione possono andare dai 2 ai 21 giorni (in media una settimana). Ciò rafforza l’idea che Ebola si trasmetta per contatto diretto localizzato, rendendo meno probabile la trasmissione attraverso le frontiere. Dal punto di vista della ricerca, sono stati messi a punto alcuni vaccini sperimentali su cavie animali. Ma è evidente che siano necessari ulteriori studi per definire tossicità e dosaggio dei nuovi preparati, anche se gli studiosi sono fiduciosi che le nuove tecniche un giorno possano essere applicata anche all’uomo. Queste valutazioni, comunque, non devono indurre a sottovalutare il fenomeno epidemiologico. Anzitutto, è difficile monitorare efficacemente territori dove la mancanza di presidi sanitari efficienti e di infrastrutture di trasporto, unitamente alla diffusa insicurezza per ragioni belliche, rendono spesso gli interventi tardivi. Basti pensare che il 3 agosto scorso, a distanza di circa un mese dal primo decesso nel distretto ugandese di Kibaale, a detta di autorevoli fonti sanitarie locali, non risultavano esserci inceneritori funzionanti, l’elettricità non veniva erogata regolarmente, le pompe dell’acqua non funzionavano, il sistema fognario era in condizioni penose e il cibo scarseggiava. Inoltre, la creazione di un cordone di sicurezza in zone rurali, poco importa se nella savana o nelle foreste pluviali, è resa ardua dalla morfologia di località isolate dove la mobilità umana è difficilmente tracciabile. Questo, in sostanza, significa che sapere il numero reale dei decessi è praticamente impossibile. Oltre a ciò, riuscire a spiegare a popolazioni con alto tasso di analfabetismo che i morti non vanno lavati prima del seppellimento, esige uno sforzo comunicativo, spesso disatteso. Il vero problema è che i governi locali, per quanto possano fare riferimento, quando scatta l’emergenza, su organizzazioni straniere qualificate come la statunitense Center of Disease Control (Cdc) o i coraggiosi Medici Senza Frontiere (Msf), sottovalutano il diritto alla salute. In effetti, il presidente ugandese Yoweri Museveni, come anche il suo omologo congolese Joseph Kabila, pur disponendo d’ingenti risorse finanziarie, peraltro amministrate secondo logiche nepotistiche, temono che l’incentivazione dei servizi sociali aumenti quella domanda di democrazia che potrebbe mettere a repentaglio le loro leadership. Ebola, paradossalmente, serve anche a questo.
(da Avvenire © 14 settembre 2012)

lunedì 11 giugno 2012

AFRICA/NIGERIA - “Abbiamo a che fare con un gruppo di criminali, non siamo alla pulizia etnica e religiosa” dice Mons. Kaigama, che richiama alla prudenza

Abuja (Agenzia Fides) - “Abbiamo a che fare con un gruppo di criminali che pensano che la Chiesa sia un nemico, perché ai loro occhi incarna la cultura occidentale. Non penso però che questa sia la visione della maggioranza dei musulmani della Nigeria. Chi assalta i luoghi di culto cristiani è una banda di criminali che ha perso ogni forma di orientamento. Non si sa più nemmeno che cosa vogliano ottenere con questa violenza” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos e Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, commentando gli attacchi contro luoghi di culto cristiano a Jos (dove un terrorista suicida si è fatto saltare in aria nella Christ Chosen Church) e a Biu (dove un commando ha aperto il fuoco contro i fedeli che partecipavano ad una funzione), avvenuti ieri, domenica 10 giugno. Mons. Kaigama precisa di trovarsi a Calabar, da dove sta tornando a Jos, e di non avere informazioni dirette sugli ultimi avvenimenti, anche se si tiene in costante contatto con i suoi collaboratori diocesani. Secondo notizie di stampa, nei due attacchi sono morte almeno 4 persone.
I due attacchi sono stati rivendicati dalla setta islamica Boko Haram. Secondo il Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria il fatto che “questo gruppo di criminali si richiami all’islam non significa che tutti gli islamici nigeriani condividano le loro azioni. Non sono d’accordo con coloro che parlano di pulizia etnica o religiosa. Esistono pure dei gruppi cristiani che tendono ad esagerare la situazione con l’aiuto dei media che presentano un’immagine distorta di quello che sta succedendo. Alcuni cristiani si lamentano di non riuscire a pratica il culto. Per quanto riguarda la mia arcidiocesi, posso assicurare che a Jos esiste una forte comunità cattolica che non subisce impedimenti nel celebrare liberamente gli incontri di preghiera e svolgere i propri doveri religiosi. 
Occorre quindi prudenza nel riportare i fatti, perché si rischia di seminare ulteriore panico e confusione” avverte Mons. Kaigama. (L.M.) (Agenzia Fides 11/6/2012)

giovedì 7 giugno 2012

AFRICA/NIGERIA - I Vescovi sconvolti per la "domenica nera" della Nigeria

Abuja (Agenzia Fides) - "Siamo sconvolti e scioccati dalle due tragedie che hanno colpito la Nigeria ieri, il disastro aereo di Lagos che ha provocato la morte di 153 persone, e l'attacco contro una chiesa cristiana a Bauci" dice all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos a Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, che ha appena concluso un incontro con i Vescovi radunati ad Abuja. "Mi trovo nella capitale federale, Abuja, per il pellegrinaggio nazionale di preghiera (National Catholic Prayer Pilgrimage). Abbiamo invitato i cattolici della Nigeria, dai Vescovi ai singoli fedeli, a radunarsi ad Abuja per pregare per il nostro Paese. In particolare chiediamo l'aiuto del Signore per contrastare gli incessanti attacchi terroristici con bombe, omicidi, rapine a mano armata, commessi contro la nazione intera".
"Il momento di preghiera che si è tenuto il 2 giugno ha avuto una partecipazione straordinaria, i fedeli hanno pregato con forte intensità" dice Mons. Kaigama. "Dopo la preghiera, i Vescovi si sono incontrati con il Presidente Goodluck Jonathan, per discutere i problemi della sicurezza del Paese e degli attacchi contro le chiese cristiane, specialmente nel nord. L'incontro è stato molto fruttuoso" conclude Mons. Kaigama.
Ieri, domenica 3 giugno, un aereo di linea che collega Abuja alla capitale economica Lagos, si è schiantato su un quartiere popolare di questa ultima città. Nella sua caduta, l'aereo, con a bordo 147 passeggeri e sei membri dell'equipaggio, ha colpito un edificio di due piani ed è slittato lungo un terreno sul quale si trovavano una chiesa e una piccola tipografia. Sempre ieri, a Bauchi, nel nord della Nigeria, un'autobomba è esplosa nei pressi di una chiesa pentecostale causando la morte di 15 persone. (L.M.) (Agenzia Fides 4/6/2012)

Pozzo nella diocesi di Maralal - Grazie!


Adotta una Famiglia - Grazie!


venerdì 18 maggio 2012

FERMARE IL MASSACRO! Firma l'appello per i popoli dei Monti Nuba


Amani rilancia l’appello di Nigrizia per il popolo Nuba
Il Kordofan Meridionale (Sudan) è stato teatro di ripetute tragedie. I nuba hanno subito aggressioni ambientali, economiche, culturali. Oggi Khartoum sta di nuovo bombardando quelle terre. Nel silenzio del mondo. Serve la reazione di tutti per evitare un genocidio.
Ecco l’appello, a cui si può aderire inviando un’email a forum@nigrizia.it

LA GUERRA E’ TORNATA DAI NUBA E NOI VOGLIAMO TORNARE AD AIUTARLI


Il Kordofan Meridionale in Sudan, è ancora una volta abbandonato a se stesso. Solo in mezzo ad una guerra. La regione costituita dal territorio dei Monti Nuba si trova al confine con il nuovo stato autonomo del Sud Sudan.
Si fa presto a fare confusione con tutti questi nomi legati ad una geografia spesso poco conosciuta.
Ma al di là delle indicazioni, nel mezzo di questo caos si trova il popolo dei Nuba, poco meno di due milioni di persone strette tra due conflitti, quello tra il vecchio stato e il nuovo per il controllo delle risorse energetiche e quello che Khartoum muove verso i Nuba perché hanno appoggiato l’indipendenza del Sud Sudan, senza però entrare a farne parte.
FAI CIRCOLARE QUESTO APPELLO. CONTRIBUISCI ANCHE TU
Causale: EMERGENZA NUBA 
IBAN IT 76 l 050 180 1600 0000 0013 8000
Banca Popolare Etica – Intestato ad Amani Ong Onlus


AFRICA/ SUDAN - Continuano i bombardamenti sui civili dei Monti Nuba

Khartoum(Agenzia Fides) - L'aviazione sudanese continua ad accanirsi con bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile dei Monti Nuba. Lo afferma una fonte locale che ha inviato via e-mail una testimonianza al "Sudan Catholic Radio Network": gli Antonov (aerei da trasporto trasformati in bombardieri improvvisati) di Khartoum sorvolano incessantemente le aree civili seminando il panico tra la popolazione, specialmente di notte. A causa dei bombardamenti un gran numero di civili, soprattutto donne e bambini, sono morti ed altri hanno riportato ferite molto gravi. Secondo la fonte della rete cattolica, nei bombardamenti sono state utilizzate pure bombe incendiarie e chimiche. Alle perdite di vite umane si aggiungono la distruzione delle abitazioni e la scomparsa del bestiame, ucciso dalle bombe oppure razziato da nomadi di origine araba. La mancanza di cibo e di acqua potabile sta creando una grave emergenza umanitaria nell'area, il cui accesso è proibito alle organizzazioni umanitarie. Chi può cerca rifugio nel confinante Sud Sudan.
I Monti Nuba rientrano nel territorio del Sud Kordofan, stato del Sudan, nel quale da mesi si affrontano le truppe di Khartoum e quelle dell'SPLA-N (Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese-Nord), un gruppo affiliato all'SPLA originario (l'ex movimento di guerriglia che è divenuto il partito al governo nel Sud Sudan). La guerra nel Sud Kordofan si aggiunge alle forti tensioni tra Khartoum e Juba per la definizione dei confini e la spartizione dei proventi del petrolio estratto in Sud Sudan ma esportato attraverso i porti controllati dal Sudan. (L.M.) (Agenzia Fides 18/5/2012)

mercoledì 16 maggio 2012

AMERICA/ECUADOR - Contro la tratta degli esseri umani, flagello che colpisce più di 6 mila persone solo in Ecuador

Quito (Agenzia Fides) – Ogni anno circa 800 mila persone in tutto il mondo sono vittime della tratta di persone, un business in crescita che si basa sulla schiavitù, l'inganno o la violenza, ha riferito Hiroshima Villalba, Sottosegretario alle garanzie democratiche del Ministero degli Interni dell'Ecuador, mentre il Vice Ministro dell’Interno, Javier Cordoba, ha denunciato che in Ecuador le vittime sono più di 6 mila, e il 90% delle donne coinvolte subisce violenza sessuale.
Queste dichiarazioni sono state fatte durante la presentazione dell'Incontro Internazionale sulla tratta di esseri umani, in corso (14 e 15 maggio) a Quito, con il titolo "Incontro sulla tratta delle persone e sul traffico illecito di migranti", a cui partecipano specialisti di Costa Rica, Messico, Colombia, Perù, Bolivia, Stati Uniti e Paraguay.
Le autorità ecuadoriane hanno sottolineato che la Costituzione dell'Ecuador e il loro piano di sviluppo nazionale per il benessere, manifestano la volontà del paese di ridurre questa pratica illegale. Il governo dell'Ecuador ha anche firmato con il Perù un protocollo di frontiera binazionale per fornire assistenza completa alle vittime e ai sopravvissuti della tratta. L'iniziativa mira a proteggere da questi crimini le donne, i bambini e gli adolescenti nelle aree di El Oro, Loja e Zamora, in Ecuador, e Tumbes, alla frontiera nord del Perù.
Solo pochi giorni fa, il Vaticano ha insistito sull’importanza che Chiesa cooperi con le organizzazioni internazionali in materia di prevenzione, sostegno e riabilitazione delle vittime della tratta. "Mettiamo al servizio della lotta contro la tratta degli esseri umani tutta la nostra rete di religiosi nel mondo" ha dichiarato il Card. Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace durante la conferenza mondiale su questo flagello tenutasi in Vaticano. Egli ha insistito anche sul lavoro comune della Chiesa, dei governi, delle istituzioni e delle organizzazioni umanitarie a livello globale, per affrontare il problema in modo efficace. Nella dichiarazione finale dell’evento si legge: "il problema sta diventando sempre più drammatico e reale, ed è il secondo crimine più redditizio internazionale, dopo il commercio illegale di armi”. (CE) (Agenzia Fides, 15/05/2012)

AFRICA/SUD SUDAN - Il dramma degli espulsi, dei rifugiati e degli sfollati nel Sud Sudan

Juba (Agenzia Fides) - Mentre Sudan e Sud Sudan rimangono sul piede di guerra, stanno arrivando a Juba decine di migliaia di sud sudanesi espulsi da Khartoum, perché privi dei permessi di soggiorno. Il 14 maggio è giunto nella capitale sud sudanese il primo gruppo di 164 persone, provenienti da Khartoum con un volo organizzato dall'Organizzazione Internazionale per i Migranti (IOM), su un totale di 12.000 persone che dovranno lasciare il Sudan nei prossimi giorni. In Sudan vivono centinaia di migliaia di sud sudanesi che hanno perso il lavoro e non hanno permesso di soggiorno dopo la proclamazione dell'indipendenza del Sud Sudan, nel luglio 2011. Tra loro vi sono pure diverse persone di ascendenza sud sudanese ma che sono nate nel nord Sudan e che quindi fanno fatica, in caso di espulsione, ad adattarsi a vivere nel loro nuovo Paese. Il Sud Sudan dovrà farsi carico della sistemazione di queste persone, trovando loro alloggi e lavoro. L'instabilità nella quale vivono alcune aree del Sud Sudan ha inoltre costretto alla fuga decine di migliaia di abitanti. Oltre agli sfollati interni, Juba deve farsi carico dei rifugiati provenienti dal Sud Kordofan, stato del nord Sudan ma la cui popolazione ha combattuto a suo tempo con i sud sudanesi contro il regime di Khartoum. Secondo fonti ONU sono 100.000 i rifugiati sudanesi accolti nel Sud Sudan. (L.M.) (Agenzia Fides 15/5/2012)

Blog amici...

Vi segnaliamo i blog di Padre Filippo, missionario comboniano in Ciad
www.padrefilo.blogspot.com
www.alfabetoafrica.com

giovedì 5 aprile 2012

Buona Pasqua!


Riconciliamoci con la gioia.
La Pasqua
sconfigga il nostro peccato, frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte, dal versante giusto: quello del “terzo giorno”
.

Da quel versante, il luogo del cranio ci apparirà come il Tabor. Le croci sembreranno antenne, piazzate per farci udire la musica del Cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell’agonia, ma i travagli del parto.
E le stigmate lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo!
BUONA PASQUA! – Don Tonino Bello

A tutti i nostri Auguri per una Santa Pasqua!

martedì 6 marzo 2012

AFRICA/CONGO - La tragedia di Brazzaville: La Chiesa cattolica in prima fila per assistere i feriti

Brazzaville (Agenzia Fides)- Dalla Nunziatura di Brazzaville è giunta all’Agenzia Fides la seguente testimonianza che pubblichiamo per intero.
La città di Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, è stata svegliata agli albori di ieri, da cinque potenti deflagrazioni che hanno fatto pensare all’inizio di una nuova guerra. Durante tutta la mattinata, numerose esplosioni si sono susseguite dovute all’incendio dell’arsenale nazionale dell’esercito, situato nel popoloso quartiere di Mpila, alla periferia est di Brazzaville. Lo scoppio di missili, bombe e munizioni ha quasi raso al suolo gli edifici del quartiere, causando più di duecento morti tra militari e civili e oltre duemila feriti. Le Suore di San Giuseppe di Cluny, che operano nell’ospedale universitario della Capitale, confermano l’ecatombe e stimano che il numero dei feriti e delle vittime sia destinato ad aumentare. Anche la comunità diocesana è stata scossa dalla notizia: si è verificato, infatti, il crollo della chiesa di San Luigi dei Francesi, mentre era in corso la celebrazione eucaristica. La Nunziatura Apostolica di Brazzaville, anch’essa danneggiata dalle esplosioni, ma senza danni alle persone, è al lavoro per elaborare una stima dei fedeli e religiosi feriti o defunti. L’onda d’urto delle potenti deflagrazioni ha causato danni in tutta la città e ha perfino raggiunto Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, distante circa 10 Km dal luogo del sinistro. La causa dell’incidente non pare essere di natura politica (colpo di Stato o attentato terroristico), ma dovuta ad errore umano, che avrebbe innescato una reazione a catena, facendo brillare il deposito di armamenti. La Nunziatura Apostolica è convocata dalle Autorità statali a prendere parte al piano di azione umanitaria per far fronte alla crisi. La Chiesa cattolica, dunque, è in prima linea per assistere i feriti e mettere a disposizione le sue strutture in modo da garantire un riparo, cibo e assistenza a quanti sono stati colpiti dalla sciagura. Attualmente, più di duemilacinquecento persone sono ospitate nelle strutture messe a disposizione dalla Chiesa cattolica, come la Place Mariale, adiacente alla Cattedrale, le parrocchie di Notre-Dame du Rosaire e Saint Pierre Claver nel popoloso quartiere di Bacongo, e poi le comunità di Saint Charles Lwanga e dei Martiri ugandesi. La Caritas diocesana e i tanti dispensari degli Ordini religiosi, sparpagliati nei vari quartieri della Capitale, stanno svolgendo un lavoro lodevole per curare ed assistere le centinaia di feriti che non trovano posto negli ospedali statali, già al limite del collasso. (Agenzia Fides 5/3/2012)

martedì 28 febbraio 2012

AFRICA/NIGERIA - “Siamo stati troppo ottimisti: dopo mesi di calma le bombe tornano a colpirci” dice a Fides l’Arcivescovo di Jos

Abuja (Agenzia Fides) -“Purtroppo siamo stati troppo ottimisti. Dopo un periodo di pace e di calma, le bombe sono tornate ad esplodere anche a Jos” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos, capitale dello Stato di Plateau, nella Nigeria centrale, dove ieri, domenica 26 febbraio, un attentato suicida ha preso di mira la sede della “Church of Christ” in Nigeria. L’attentato è stato rivendicato dalla setta islamica Boko Haram che da mesi semina il terrore in diverse aree della Nigeria a suon di bombe e di attentati contro le forze dell’ordine e le comunità cristiane.
“Mi trovo da 4 giorni nella capitale federale, Abuja, per partecipare ad un meeting della Conferenza Episcopale Nigeriana, ma appena ho avuto notizia dell’attentato mi sono subito messo in contatto con il Presidente della ‘Church of Christ’ in Nigeria per esprimergli le nostre condoglianze e per avere maggiori dettagli sull’attentato e sulle sue conseguenze. Mi ha detto che vi sono sicuramente 3 morti tra i suoi fedeli, ma che il numero delle vittime potrebbe essere maggiore” afferma Mons. Kaigama.
Dopo l’attentato, gruppi di giovani cristiani hanno dato l’assalto alle proprietà dei musulmani. Nelle violenze vi sarebbero stati dei morti. “Non sono sul posto per verificare quello che è veramente accaduto – spiega l’Arcivescovo - ma senza dubbio i giovani sono arrabbiati e sono tentati di reagire alla violenza con altra violenza, voglio però sottolineare che il loro comportamento è contrario a quanto noi, come Chiesa, abbiamo sempre insegnato e predicato: non provocate nessuno e non cedete alla provocazione, compiendo rappresaglie. Occorre invece permettere alla legge di fare il suo corso per bloccare e punire chi commette questi crimini” dice l’Arcivescovo di Jos.
Mons. Kaigama conclude affermando che i “Vescovi della Nigeria sono preoccupati per il clima di paura, di tensione e di rabbia che sta attraversando la società a causa soprattutto degli attacchi di Boko Haram”. È probabile che, al termine della loro riunione, i Vescovi pubblichino una dichiarazione al riguardo. (L.M.) (Agenzia Fides 27/2/2012)

venerdì 24 febbraio 2012

PANE E ACQUA – UGALI NA MAJI PANE E ACQUA – UGALI NA MAJI

In Africa orientale, dieci milioni di persone sono state colpite dalla peggiore siccità degli ultimi 60 anni. Due successive stagioni delle piogge particolarmente scarse hanno determinato una situazione drammatica, con conseguenze che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel medio periodo
Proseguiamo con i progetti proposti all’inizio dell’Anno Pastorale per aiutare le popolazioni colpite della peggiore siccità degli ultimi 60 anni. In particolare il nostro aiuto raggiungerà la Diocesi di Maralal nel nord del Kenya

PROGETTO ACQUA

Realizzazione di un POZZO per l’acqua in località LODUNGOKWE.
Responsabile del Progetto: Padre JAIRO  ALBERTO - Missionario della Consolata
Parroco di Lodungokwe

Il pozzo che come comunità pastorale aiuteremo a finanziare:
- fornirà acqua a 25.000 persone e circa 50.000 capi di bestiame (la gente vive di allevamento)
- verranno posati 10 km di tubi (da un pozzo principale partiranno due diramazioni)
- ci sarà lo stoccaggio di 200.000 litri di acqua
Il costo stimato dell'opera è di € 52.000,00.
E’ stato istituito un  comitato dell’acqua dei villaggi che sarà direttamente responsabile della gestione e del funzionamento quotidiano del pozzo.
Questo è il modo per assicurare che il sistema motorizzato installato sia pienamente auto-sostenibile.
Costruire un pozzo a Lodungokwe significherebbe garantire alla popolazione l’accesso all’acqua durante tutto l’anno. Si faciliterebbe così la sedenterizzazione della popolazione e lo sviluppo di un’economia locale, che potrebbe far diminuire il flusso migratorio degli uomini alla ricerca di un lavoro verso le città.

“L’acqua è vita”
• Oltre 1 miliardo di persone al mondo non ha accesso a fonti di acqua potabile.
• Quasi 3 milioni e 500 mila individui muoiono, ogni anno, a causa di malattie trasmesse da acqua contaminata: tra loro, 5000 bambini al giorno.
• L’Onu definisce la carenza di risorse idriche il problema ambientale più serio del nostro Pianeta.
• Si può sopravvivere un mese senza mangiare. Senza bere, non si vive più di una settimana.
• Il fabbisogno idrico minimo pro-capite è di 5 litri nell’arco delle 24 ore, ma per avere condizioni di vita accettabili, secondo le stime dell’O.M.S., ne occorrerebbero almeno 50.

martedì 14 febbraio 2012

Sui Monti Nuba si muore di fame e bombardamenti

Khartoum – “Sui Monti Nuba la gente sta morendo di fame e per i bombardamenti” denuncia all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Macram Max Gassis, Vescovo di El Obeid,la diocesi che si trova a cavallo tra Sudan e Sud Sudan. Nel suo territorio sono compresi pure i Monti Nuba, appartenenti al Sud Kordofan, Stato del Sudan al centro di scontri tra l’esercito di Khartoum e gli uomini dell’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese, settore Nord (SPLA/N). Questo movimento è legato all’SPLA, che si è battuto per l’indipendenza del Sud Sudan, ed è ora al potere nel neo Stato (indipendente dal luglio 2011).
Mons. Gassis ricorda che “la popolazione locale si sente parte del Sud Sudan, tanto è vero che usano la moneta sud-sudanese e non quella di Khartoum. I soldati dell’SPLA dei Monti Nuba si sono battuti per l’indipendenza del Sud Sudan: lo Stato di West Equatoria (ora parte del Sud Sudan) è stato liberato da loro. Il sud è quindi in debito con i combattenti dei Monti Nuba”.
Sul piano ecclesiale, Mons. Gassis sottolinea che “nessun sacerdote, religioso e religiosa, oltre al personale medico, ha lasciato il proprio posto. Sono lì a dimostrare che, come afferma Gesù, ‘non c’è amore più grande che dare la propria vita per gli amici’. Non è una cosa facile rimanere lì, sotto i continui bombardamenti e vedere i corpi maciullati dei civili, specie dei bambini” sottolinea il Vescovo.
Tra Sud Sudan e Sudan la tensione sta crescendo, al punto che si teme un conflitto aperto tra i due Stati (vedi Fides 9/2/2011). “Ma il neonato Sud Sudan non vuole la guerra” afferma Mons. Gassis. “Il problema è il Presidente Omar Bashir, che si trova in un angolo e spera di uscirne con una nuova guerra. Dopo aver perso il sud, il Presidente sudanese cerca di mantenere il controllo sulle aree del Sudan che mirano a liberarsi dal potere centrale” spiega il Vescovo. “Le forze di Khartoum – continua Mons. Gassis – sono entrate nel Nilo Azzurro ma sono circondate dai ribelli. Poi ci sono le situazioni critiche dei Monti Nuba, di Abyei e del Darfur, che si aggravano di giorno in giorno. Adesso che il sud ha chiuso il rubinetto del petrolio, il carovita inizia a farsi sentire nel nord Sudan. Gli ufficiali dell’esercito hanno inviato un memorandum al Presidente Bashir, al Ministro della Difesa ed al Capo di Stato Maggiore, nel quale si lamentano le condizioni dei militari”.
“Ci sono quindi una serie di segnali che preoccupano il Presidente, il quale cerca quindi di risolvere i problemi con nuove guerre” afferma il Vescovo di El Obeid. “L’occupazione di Abyei gli è riuscita perché si tratta di un’area pianeggiante. Ma l’occupazione dei Monti Nuba è un’altra cosa. Ci sono montagne con caverne, dove i guerriglieri locali possono nascondersi per attaccare all’improvviso i militari di Khartoum. I guerriglieri dei Monti Nuba sono inoltre disciplinati e ben armati. Questo purtroppo non impedisce che la popolazione civile soffra. Anche la Chiesa ha avuto le sue vittime, come il rappresentante della Caritas diocesana ucciso a Kadugli (capitale del sud Kordofan) 5 mesi fa, un laico che è stato fucilato dalle truppe sudanesi” conclude Mons. Gassis. (L.M.) (Agenzia Fides 10/2/2012)

"Due Egitto" a confronto nel primo anniversario della rivoluzione

Il Cairo – “Quello che avviene in questi giorni in piazza Tahrir riflette la situazione del Paese” dice all’Agenzia Fides p. Luciano Verdoscia, missionario comboniano che opera al Cairo, dove il 27 gennaio si sono verificati scontri tra dimostranti laici e sostenitori dei Fratelli Musulmani nel corso delle dimostrazioni per il primo anniversario della rivoluzione che ha portato alla cacciata del Presidente Hosni Mubarak.
“Da una parte – spiega il missionario – abbiamo una situazione in via di stabilizzazione, con la votazione per la Camera Bassa che ha visto l’affermazione dei partiti confessionali (Fratelli Musulmani e salafiti), dall’altra esiste una classe intellettuale e di altre forze laiche, che hanno promosso la rivoluzione, che hanno approfittato dell’anniversario per ribadire i loro principi: laicità dello Stato, rispetto dei diritti umani e fine dell’interferenza dei militari nella vita politica”.
“Questa dicotomia si nota anche nei sondaggi pubblicati dai giornali, che dimostrano come il 30% degli intervistati voglia che le dimostrazioni continuino anche la prossima settimana, mentre il 70% si dice contrario” continua p. Luciano. “In questo 30% che vuole uno Stato laico, democrazia vera e diritti umani, non vi sono solo cristiani ma anche diversi musulmani, che non vogliono un controllo religioso della società” aggiunge il missionario.
“D’altro canto il termine democrazia è ormai entrato nel dibattito politico e sociale. Il problema è capire cosa significhi. Da una parte c’è chi dice che la legge islamica, la sharia, garantisca la democrazia e i diritti umani perché viene direttamente da Dio, altri dicono che la sharia è sì una rivelazione divina che è stata però interpretata da diverse scuole giuridiche ed è quindi un’elaborazione umana, e può dunque essere soggetta ad ulteriori interpretazioni ed elaborazioni” dice p. Luciano. “Un’altra richiesta che viene dalle dimostrazioni di questi giorni è quella di mettere fine al potere del Consiglio Militare. Alcuni chiedono che venga nominato un Capo Provvisorio dello Stato che assuma i poteri ancora detenuti dai militari, fino all’elezione del nuovo Presidente”.
“Insomma, ad un anno dalla rivoluzione la situazione dell’Egitto è ancora in movimento. I Fratelli musulmani che si apprestano a governare il Paese stanno dando segnali di apertura verso l’estero, anche per rilanciare l’economia, ma il processo di stabilizzazione sarà ancora lungo” conclude p. Luciano. (L.M.) (Agenzia Fides 28/1/2012)

In Nigeria si continua ad uccidere

Kano (Nigeria), 24 gen. – Nuove esplosioni e colpi di arma da fuoco hanno scosso questa mattina Kano, la città nel nord della Nigeria dove la scorsa settimana una serie di attacchi coordinati ha causato almeno 185 morti.Oggi sono state udite circa 15 esplosioni e sparatorie vicino a un commissariato mobile. Al momento non si conoscono maggiori dettagli.
“Sono stato svegliato da esplosioni e colpi di arma da fuoco provenienti dalla stazione di polizia – ha raccontato un abitante, aggiungendo che erano cessati da diversi minuti – è spaventoso. E’ troppo pericolo uscire, a parte il fatto che c’è il coprifuoco”.
Il coprifuoco notturno è stato imposto dopo gli attacchi di venerdì scorso, rivendicato dal movimento islamico Boko Haram. Ieri, la polizia ha sventato un nuovo attacco a Kano, trovando 10 autobomba e centinaia di altri congegni esplosivi. (TMNews)

lunedì 16 gennaio 2012

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

Domenica 15 gennaio 2012

Benedetto XVI: i migranti non sono numeri   versione testuale
Città del Vaticano - "Celebriamo oggi la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri!".
E' quanto ha detto questa mattina papa Benedetto XVI dopo l'Angelus ricordando la 98° celebrazione della Giornata Mondiale delle Migrazioni.
"Sono uomini e donne - ha detto il papa - bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace".
Il papa ricorda il messaggio scritto per l'occasione sul tema “Migrazioni e nuova evangelizzazione”,
sottolineando "che i migranti sono non soltanto destinatari, ma anche protagonisti dell’annuncio
del Vangelo nel mondo contemporaneo".

giovedì 12 gennaio 2012

2011: un anno speciale per l’Africa

Dal sito di Radio Vaticana

Ci sarebbe molto da dire, sul «2011 africano». Sebbene la guerra, la fame e la povertà vadano purtroppo evocate in un bilancio complessivo dell’anno – dal momento che questi drammi continuano a riguardare la realtà del continente - non vogliamo tuttavia limitarci, in questa sede, a ripetere i pregiudizi da sempre associati all’Africa.
Vero è che «il 2011 africano» è iniziato nel sangue, con il massacro dei copti di Alessandria in Egitto il 1mo gennaio di un anno fa, e si è anche concluso all’insegna della stesso odio violento contro i cristiani. In Nigeria, in effetti, il 25 dicembre scorso un attacco ad alcune Chiese in diverse città della Nigeria ha fatto numerosi morti nel giro di poche ore.

Seguendo una simile logica di linearità tra inizio e fine dell’anno, noteremo che anche dal punto di vista politico il 2011, che si era aperto con un conflitto cruento e prolungato dovuto alla contestazione post-elettorale in Costa d’Avorio, si è concluso con la violenza politica scoppiata dopo le votazioni nella Repubblica Democratica del Congo. Da Ovest al centro, il continente sembra dunque attraversato da una stessa linea di continuità, che sembra giustificare la comune percezione del continente come «relegato agli angoli del mondo, ai margini della storia».

Eppure, è anche un’Africa sorprendente sia sul piano religioso che politico quella che nel corso dell’anno si è mostrata al mondo, anche se solo attraverso poche «notizie lampo». E’ emerso un continente alla ricerca di sé stesso, delle migliori forme per il proprio sviluppo, e sebbene questi fenomeni interessino determitate regioni più di altre, gli abitanti dell’intero continente condividono le stesse aspirazioni degli uomini e donne del resto del mondo, le esigenze comuni della nostra epoca.

Sul piano religioso, la Chiesa è da sempre al fianco dell’Africa, ma nel corso del 2011 essa ha risposto in modo speciale a questa sua nobile missione, attraverso vari interventi significativi. Inoltre, a più riprese Papa Benedetto XVI ha difeso con amore questa «terra di speranza» ! È impossibile dimenticare la commuovente visita pastorale in Benin dove, dal 18 al 20 novembre, il Santo Padre si è recato ad «incontrare l’Africa e gli africani», per consegnare loro il frutto delle riflessioni emerse nel corso del secondo Sinodo per il continente, tenutosi nel 2009 in Vaticano. Nella stessa occasione, il Papa ha inoltre reso omaggio a un degno figlio d’Africa, il defunto cardinal Bernardin Gantin, suo amico e collega di origine beninese.

Ai giornalisti, Benedetto XVI ha spiegato le altre ragioni del suo secondo viaggio nello Stato: «La prima [ragione] è che il Benin è un Paese in pace: pace esterna ed interna. Le istituzioni democratiche funzionano, sono realizzate nello spirito di libertà e responsabilità e quindi la giustizia e il lavoro per il bene comune sono possibili e garantiti dal funzionamento del sistema democratico e dal senso di responsabilità nella libertà. La seconda ragione è che, come nella maggior parte dei Paesi africani, c’è una presenza di diverse religioni e una convivenza pacifica tra queste religioni. Ci sono i cristiani nella loro diversità, non sempre facile, ci sono i musulmani e poi ci sono le religioni tradizionali, e queste diverse religioni convivono nel rispetto reciproco e nella comune responsabilità per la pace, per la riconciliazione interna ed esterna» .


Solo una personalità come il Papa poteva guidare i giornalisti a constatare che la realtà dell’Africa non si riduce solo, e in modo speciale per il 2011, ai drammi di guerre ataviche e sanguinosi conflitti !
Sul piano politico poi, le «titubanze» non devono oscurare i casi eclatanti di alternanza democratica, di buona organizzazione di votazioni, di maggioranze politiche uscite dalle urne, riconosciute e accettate pacificamente dalle nazioni. Vogliamo citare, come esempio, il caso di Alpha Condé, che ha vinto le elezioni di novembre in Guinea Conakry, da tempo sotto assedio militare, riportando la speranza nel Paese; il Capo Verde, che il 6 febbraio scorso ha organizzato elezioni - giudicate «impeccabili» dagli osservatori - che hanno confermato la vittoria del PAICV (Partito Africano per l’Indipendenza del Capo Verde); a settembre è stata invece la volta dello Zambia...

Sul piano formale, il 2011 è stato un anno caratterizzato da alcune innovazioni significative: 28 Paesi hanno indetto consultazioni elettorali ; il 9 luglio il continente ha salutato la nascita del 54mo Stato, il Sud-Sudan ; infine, nel corso del 2011 ha preso il via «la Primavera Araba», movimento globale che proprio dal Nordafrica si è esteso agli altri continenti, scuotendo l’intero pianeta. Le popolazioni della Tunisia, dell’Egitto, del Marocco e dell’Algeria sono entrate in azione chiedendo un cambiamento politico e la fine di quei regimi apparentemente «irremovibili». Il volto dei Paesi arabi – prima dell’Africa e poi del resto del mondo – ne esce completamente rinnovato. Sotto la spinta di un’opinione pubblica sino ad allora ignorata, questi Paesi sono stati costretti ad adeguare le proprie costituzioni, la ripartizione dei poteri interni e l’intera agenda politica, su standard più democratici. «Il frutto positivo della Primavera araba è il movimento stesso, e il fatto che oggi, in quegli Stati, attraversati dalla rivoluzione, ci si possa opporre ai governi autocratici e si sia avviato un dibattito popolare sul futuro politico e sociale del Paese», ha dichiarato recentemente l'islamologo P. Samir Khalil Samir sj, intervistato dalla Radio Vaticana. «La rivoluzione per la democrazia e i diritti umani, nei Paesi capofila della Primavera araba, non è fallita (...) Il prevalere degli islamisti in Tunisia e Egitto ci mostra solo la reale struttura di quelle popolazioni (...) Tutto il mondo arabo-islamico vede l'islam come l'ideale della vita sociale, politica e religiosa (...) La vera questione è come verrà interpretata la presenza della religione islamica nella vita politica e sociale».

Dal punto di vista economico, la Banca Mondiale riconosce all’Africa un dinamismo eccezionale, per il 2011, con una crescita media del 6%, sebbene non vada dimenticato che il continente continua ad avere grandi difficoltà nel trasformare questi dati, positivi sulla carta, in benessere concreto per le popolazioni.

Il 2011 è stato, infine, l’anno in cui due donne africane, Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee, entrambe originarie della Liberia, hanno ottenuto il Premio Nobel in riconoscimento del loro impegno per la Pace, per lo sviluppo economico e sociale del paese, e a sostegno del ruolo delle donne!

Cosa augurarci, dunque, per il 2012?
Riprendiamo le parole del Papa per formulare, in chiusura, i migliori auspici per il continente, con la speranza che le sollecitazioni espresse davanti ai membri del Governo del Benin, indirizzate ai responsabili politici di tutto il Continente, possano tradursi in azioni concrete :

«Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa. (...) In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. (...) Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente!».

(A cura di Albert Mianzoukouta, della redazione francese per l’Africa)